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Lilia, ciao.

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Lilia1Credo nel 2011, mi sono iscritta alla mailing list di Femminismo a Sud.
Era intorno all’otto marzo di un anno politicamente denso, a Pisa avevamo organizzato una street parade e io avevo condiviso con le compagne ed i compagni un piccolo report della serata.
Mi sono presentata, come da netiquette. Nella descrizione ho inserito la mia militanza all’interno di ArciLesbica Pisa.

Poche ore dopo, Lilia mi rispondeva entusiasta, dicendo che anche lei faceva parte di ArciLesbica -allora della Segreteria nazionale- e che era felice che fossimo in mailing list insieme.
Di persona, ci siamo conosciute dopo. Alla mia prima assemblea nazionale, dove mi era venuta incontro per salutarmi e poi a Congresso, nel 2012.

La prima cosa che mi ha colpito di lei è stata l’accoglienza.
La cura della relazione, quel muoversi e venirti incontro con curiosità e senza la diffidenza di chi misura quanto sei compagna, che non è scontato e ti rende immediatamente partecipe.
Lilia ti faceva sentire importante, per il fatto che, come persona, avevi una storia alle spalle e qualcosa da dire, una tua idea sul mondo.

L’ho conosciuta meglio grazie a questo blog.
Lilia aveva un talento per la scrittura, per la parola, per la comunicazione con sé stessa e con l’altr*. Mi ha mandato una volta un pezzo, una sorta di canzone che aveva scritto alla scomparsa di Lou Reed: intenso, commovente e pieno.
Una volta è arrivata a una riunione a Milano, con la febbre, per poter contribuire al progetto.
Non aveva avvisato nessuna, per farci una sorpresa e perché non era sicura che la sue condizioni di salute le avrebbero permesso di venire. Una volontà così forte che oltrepassava il fatto di stare male. Me l’aveva detto anche a Congresso, che fino all’ultimo avrebbe voluto essere impegnata, in prima linea e con la sua testimonianza, a pelle nuda.
Io forse non ho capito che fino all’ultimo sarebbe stata un’espressione così prossima nel tempo.
Mi aveva presa da parte, mi aveva detto che era felice della nostra appena nata collaborazione, che aveva già molte idee.

Lilia è una persona speciale. Attenta, non superficiale o affrettata nel trarre conclusioni: prendeva pause per ponderare il suo pensiero, quando si esprimeva lo faceva con assertività e senza urla, ma con la fermezza di chi ha ben chiaro cosa vuol dire e non intende fare un passo indietro.
Praticava il dubbio, ma non l’esitazione.
Sapeva dire grazie a chi l’aveva ispirata e fatta crescere nel confronto, senza issare baldacchini o costruire piedistalli, alla ricerca di una verità mutevole, che cambiava nel tempo e nella politica quotidiana, ma con principi ispiratori saldi, che avrebbe sempre difeso, prima di tutto con il suo corpo.
Credo che fosse consapevole del suo valore, ma allo stesso tempo era umile e si metteva in discussione: prendeva i complimenti per quello che sono, senza nutrirsene in un vanto narcisista, e le critiche per riflettere e crescere, senza uscirne distrutta.
Sapeva anche farsi da parte, per lasciare spazio ai cicli della democrazia, ma allo stesso tempo riconosceva l’importanza dell’esperienza.

Era fantasiosa, intelligente, creativa. Metteva anima e corpo nei progetti in cui era coinvolta, anche quando il corpo era debole più di quanto avrebbe voluto, e riconosceva i limiti senza perdere l’entusiasmo. Metteva a fuoco le criticità, ma non diventava incendiaria e credeva con tutta sé stessa nelle scelte che aveva abbracciato. Eppure, sapeva anche dire basta, sapeva quando un percorso aveva compiuto il suo tempo e non cercava di tenerlo in piedi oltre la sua fine.

Parlandole, ho avuto l’impressione che leggesse molto e che avesse un bagaglio culturale vastissimo. Eppure non lo faceva pesare, non saliva in cattedra con spocchia, ma condivideva il suo sapere, a volte dicendo che era poco, che lei non aveva studiato ma aveva fatto l’operaia e si era formata da autodidatta; credo che pensasse che da ogni incontro, anche con persone molto meno formate di lei, avesse qualcosa da imparare di nuovo.
Io che le stavo accanto pensavo che se ci fossi stata io nei suoi panni, con la sua storia, con quel bagaglio di esperienze così ricco, me la sarei tirata abbestia forse.
Usava parole chiare e fruibili a tutt* e con tutt* sapeva stare, senza essere però qualunquista, scegliendosi la parte.

Aveva scoperto di essere lesbica dopo essersi sposata. Non aveva esitato a rivoluzionare la propria vita, a capovolgere il mondo, ma avendo cura, nell’esporsi, di proteggere le persone che con lei fino a quel momento avevano vissuto, compreso il suo ex-marito, con il quale aveva mantenuto un bel rapporto dopo il coming-out, anche di reciproco aiuto.
L’amore per sé, per la verità, e l’empatia verso i propri e gli altrui desideri.
Una donna libera e capace di accettare e donare, gratuitamente.

In politica non mi è mai sembrata opportunista. Credeva molto nella democrazia interna, nei meccanismi trasparenti e puliti, nel merito delle idee e nella responsabilità delle proprie opinioni ed azioni (firmare sempre, non trincerarsi dietro alle strutture): la responsabilità individuale nel contesto di un’azione collettiva, per non disperdere la singola ma anche per dare valore alla comunità.

Non era intransigente: sapeva capire le ragioni individuali, le fragilità personali e le sapeva umanamente perdonare. Un’umanità rara e profonda.

L’ho ammirata tanto, e credo di averglielo detto poco. Per me è stata e resterà un esempio luminoso a cui guardare. Quello di una persona bella, intelligente, leale e forte a cui ispirarmi. Quello di una persona che si esponeva, con tutta la sua vulnerabilità per poter vivere a cuore pieno e con tutto il suo coraggio. Mi ricordo la sua risata, mi ricordo che mi aveva chiamata Carlottina, con tanto affetto. Vorrei sentire ancora una volta la sua voce chiara e bella, la sua risata.

Essere compagne, conservava sia il significato latino della parola, condividere il pane, sia quello marxista e femminista.

Ciao Lilia, nostra amata compagna.

Riporto qui sotto una parte di Bella Ciao femminista, l’aveva scritta lei, rivisitando il più famoso canto partigiano. Partigiana, come sempre.

«Alle sorelle,alle compagne
o bella ciao,bella ciao,bella ciao, ciao, ciao
alle compagne, sorelle e figlie
questa canzone porterò.

E nelle strade e sulle piazze
o bella ciao,bella ciao,bella ciao, ciao, ciao
ascolterete la nostra voce
che non vogliamo più morir [...]»

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